Non lo ricordo come è stato. Non tutto, quantomeno, non ogni singolo passo.
Ricordo il buio di certe strade, dentro e fuori me, e ricordo che guardavo spesso la punta delle mie scarpe nell’andare, quando ero da sola, nella notte, e tornavo convinta verso casa. Mi piaceva quel movimento lì, guardarlo, sapere che se andavo da qualche parte andavo perché spingevo io da sola, nella vita, nella strada, dentro me.
Libera.
Ho sempre desiderato di sentir quella forza là, quella che sa darti quel sentirsi non soli, ma liberi, nel silenzio, quando si fanno i conti solo con se stessi. Liberi da sé, pur essendo predisposti verso gli altri, liberi da sé e quindi dagli altri per poter stare davvero in mezzo agli altri, con gli altri.
Non sempre l’ho afferrata, quella forza là, ma quando è successo è stato come aver bevuto fiumi di alcol. Volare fortissimo, dentro, senza la paura dell’atterraggio brusco che ne viene, sapere che avverrà quell’atterraggio lì, sapere che è alla fine della corsa, la tua, ma sei così inebriato e coglione che ridi di quando avverrà, all’idea di te che finirai ancora culo a terra e gambe all’aria per il solo fatto di averci creduto e io me la ricordo quella volta là, quella in cui ho detto: “Sono anni che attraverso questa strada e tutti corrono fortissimo, fa paura, e non ti godi mai le torri viste da qua ché devi solo attraversare e star attento al traffico, ma stasera, stasera, han chiuso il traffico per tutta la notte, per la prima volta da quando vivo qua, e allora se è vero che mi ami, lasciami stendere due minuti lungo la linea bianca, di mezzo, di questa strada, senza giudicarmi, mentre tutti passeggiano intorno a me, vanno da qualche parte, lasciami stendere in via Ugo Bassi, voglio sentir questo cazzo di asfalto lungo la schiena ché su questa via ho solo corso, per anni, e stasera voglio fumare una paglia, senza fretta, stesa in questa minchia di strada a chiacchierare con te mentre mi godo le torri viste da qua” e tu ti sei semplicemente steso con me lungo la via come chi vuol scoprire che, sì, ci puoi pure stare ogni tanto a guardare il mondo dalle prospettive degli altri e che, alle volte, è come una festa e hai salutato contento tutti quelli che passavano e ridevano divertiti nel veder due coglioni stesi sull’asfalto, a chiacchierare, come fossero stesi in spiaggia.
Non lo ricordo ogni singolo passo fatto qui, tra queste strade, questa gente, ma ricordo chè è stata come la festa più grande della mia vita, la festa della mia vita, la mia festa. Il miglior compleanno di sempre, quello che fa allegria e ansia insieme e non finisce mai. L’amore, la rabbia, la felicità immotivata e le frustrazioni fortissime, le lacrime, il silenzio e l’energia.
Ho corso, ho corso fortissimo tra queste strade, sempre con l’energia di chi sta bene in solitaria ma pur sempre in squadra, anche in retrovia.
La corista, potessi tornare indietro nel tempo, e realizzare un sogno incredibile, allora sì proverei a diventar la corista di The Voice, fare il botto, veder tutto quel buio lì di una sala, un attimo prima della corsa, vestire un abito lungo nero e bellissimo, sentire le luci, prima ancora di vederle brillare sullo sfondo e dar quella forza là, della retrovia, ché nulla è meraviglioso, per me, in certi momenti, come la forza che viene dal fondo.
Ché alle volte sei quello in prima linea sul palco, altre volte sei la squadra senza la quale non c’è alcun meraviglioso, spettacolare, salto.
Ho chiuso gli occhi stasera e fatto un passo indietro lasciando libero il palco per veder che salto possiamo fare. Mi puoi riconoscere, son l’indole intenibile che stasera ha scelto di vestir l’abito migliore, messo su un rossetto bellissimo, per aiutarci in quel salto.
That’s life.